Gli amanti della montagna lo sanno. Ci sono cime da raggiungere e cime da lasciar stare. Ci sono vette che nascono senza uomini e tali devono restare per l’eternità. E non è un peso o un sacrificio non farlo perché la natura selvaggia, prima di essere affrontata, va amata e, quindi, rispettata. Lo sanno tutti quelli che conoscono Uluru, in Australia. Adesso quello che è stato per anni un divieto taciuto (e dovuto) è diventato un divieto ufficiale.
Scopriamone di più insieme.
Nessuno potrà più scalare la montagna Uluru. Era nell’aria da anni ma ora la notizia è certa.
Cos’è Uluru
Si tratta di una montagna che sorge nel centro desertico australiano e che per decenni è stata meta di numerosissimi turisti. L’atavico problema è che la montagna è anche un luogo sacro per gli aborigeni Anangu, che da decenni chiedono la chiusura agli estrani ai sentieri che portano in cima al monolito di arenaria rossa.
La notizia
La notizia su Uluru è che, dopo anni di proteste, gli Anangu hanno vinto la loro battaglia. Da qualche sabato, il 26 ottobre, non è più possibile scalare la montagna sacra.
La data scelta per la chiusura non è casuale ma è legata a questo importante anniversario:
- il 26 ottobre del 1985 l’allora primo ministro Bob Hawke decise di restituire Uluru e il parco nazionale Kata Tjuta al popolo Anangu.
Adesso la comunità Anangu è profondamente felice per la chiusura della montagna ai visitatori ed ha organizzato due giorni di festeggiamenti con danze, cori e canti tradizionali.
Le dichiarazioni
Rene Kulitj,. un’artista che vive a Mutitjulu dal 1985 e che ha cresciuto là tutti i suoi figli, così ha spiegato la festa su Uluru:
Le danze che faranno come bambini piccoli oggi, sono quelle che porteranno con sé e continueranno a ballare per tutta la vita. Questi sono gli inma che i nostri nonni e le nostre nonne ci hanno affidato perché li tramandassimo. Teniamo questi inma nelle nostre menti e nel nostro spirito, in modo che possiamo cantare, possiamo ballare, possiamo offrirli ai bambini. Quindi è per i nostri figli che siamo più eccitati. Balleremo per loro, per i bambini. Quello che sento è la forza dell’inma che i miei nonni e le mie nonne mi hanno tramandato”, continua Kulitja “Fa parte di un passato antico che è ancora molto importante nel presente. Non abbandonerò mai le mie tradizioni e la mia cultura, è qualcosa che tengo molto fermamente nel mio spirito e al momento mi sento molto, molto felice. La cultura Anang è qualcosa che non potrà mai finire”, ha concluso Kulitja. Sarà sempre qui, nei secoli dei secoli.
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