Stop alla montagna per il Coronavirus: si muove tutto il mondo

Stop alla montagna per il Coronavirus: si muove tutto il mondo

Stop alla montagna per il Coronavirus? Sembra incredibile da scrivere ma l’emergenza da contagio nel mondo ha fisicamente chiuso l’accesso alle montagne. Ciò che la natura ha reso aperto a tutti, il virus l’ha serrato a doppia mandata. Brutta storia ma necessaria in questo periodo dove limitare i danni è la priorità assoluta per la Sanità che rischia il collasso e l’ingolfo nelle terapie intensive. E’ vero che nelle escursioni spesso si è soli ma è anche vero che potresti farti male ed avere bisogno di soccorso andando a togliere risorse ai malati di Covid-19.

Ecco, zona per zona, com’è avvenuto lo stop alla montagna per il Coronavirus.

Europa

Nello stop alla montagna per il Coronavirus, l’Italia è stata la prima a muoversi con la chiusura degli impianti sciistici su tutto il territorio nazionale a seguito del decreto dello scorso 9 marzo. Poi c’è stato anche l’appello al buon senso dei cittadini affinché rinuncino alle attività in montagna per evitare di caricare ulteriormente di lavoro il personale medico impegnato in corsia.

Poco dopo, anche il Canton Ticino ha avviato la chiusura delle sue montagne. Nel corso di una settimana si è proceduto a fermare piste e impianti in Francia, Spagna, Andorra e Austria, dove sono state chiuse le stazioni sciistiche del Tirolo, del Salisburghese e del Vorarlberg. Nell’Est Europa è stato vietato l’accesso ai Monti Tatra, tra Polonia e Slovacchia. In Bulgaria i comprensori di Bansko e Pomporovo saranno chiusi dal 17 marzo fino, al momento, al 29 marzo.

Patagonia

Il 17 marzo l’Argentina ha stabilito la chiusura di diversi parchi nazionali tra cui ilParco Nazionale Los Glaciares, all’interno del quale ci sono Cerro Torre e Fitz Roy. Si sono messi bene perché prima dell’espansione della pandemia, per contenere al meglio la propagazione del virus. Nella lista dei parchi nazionali ci sono:

  • Iguazú;
  • Lanín;
  • Nahuel Huapi;
  • Los Alerces;
  • Terra del Fuoco;
  • El Palmar;
  • Quebrada del Condorito;
  • Chaco;
  • Pre-Delta;
  • Talampaya.

Stati Uniti d’America

Lo stop alla montagna per il Coronavirus in America è passato attraverso la chiusura di numerosi i parchi nazionali come:

  • il Parco Nazionale di Yosemite, che ha annunciato il divieto integrale di accesso a partire da venerdì 20 marzo;
  • il Joshua Tree Park, che ha proceduto alla chiusura di strade e aree campeggio all’interno del parco;
  • ilRocky Mountain National Park, che è integralmente chiuso ai visitatori, come Yosemite, dallo scorso venerdì:
  • il Parco nazionale del Denali, che ha stabilito lo scorso 21 marzo di sospendere tutti i permessi di salita per la stagione 2020, che generalmente si estende dalla seconda metà di aprile a metà luglio.

Canada

A partire dal 19 marzo, si registra la chiusura del Parks Canada che ha scelto di sospendere a tempo indefinito tutti i servizi ai visitatori dei parchi nazionali canadesi con questo annuncio:

Verrà chiuso tutto ciò che ha una porta. Restano al momento aperte al pubblico le aree verdi, con invito ad evitare assembramenti. La provincia di Alberta ha invitato inoltre alla chiusura degli impianti sciistici.

Himalaya

Lo stop alla montagna per il Coronavirus ha toccato anche le vette. La prima è stata l’Everest. Il Governo della Cina, Paese di origine della pandemia del Covid-19, ne ha stabilito la chiusura del versante Nord e la cancellazione dei visti precedentemente rilasciati, sono escluse dalle limitazioni le spedizioni interne cinesi. Poi il governo nepalese ha chiuso anche il Sud, di fronte alla ufficializzazione da parte dell’OMS dello stato di pandemia.

Al contempo si è proceduto a uno stop ai voli internazionali da e per il Nepal. Negli ultimi giorni, di fronte al crescere del numero di contagi, si è resa inevitabile per il Governo nepalese la scelta di disporre il lockdown generale. Stessa decisione intrapresa dal governo pakistano per l’area del Gilgit-Baltistan, regione in cui ricadono K2, Nanga Parbat e Broad Peak.

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