Se ti stai chiedendo come diventare campione di downhill, queste settimane casalinghe sono ideali per farti una cultura su questo tema. Anche perché le Alpi Italiane sono la mecca per i biker di tutta Europa, soprattutto proprio per quelli che praticano il downhill, specialità riconosciuta dall’Unione Ciclistica Internazionale che prevede una discesa cronometrata lungo un pendio tra massi e radici, dentro e fuori dal bosco, con l’aggiunta di ostacoli artificiali come salti e passerelle. Quando tutto questa sarà finito in molti ci torneranno e anche tu potresti andarci.
Per capire come diventare campione di downhill non c’è niente di meglio di sentire chi già ha fatto quest’esperienza. Ecco perché vi riportiamo questa bella intervista del Corriere.it a Francesco Colombo, 21 anni da Varazze (Sv).
Come hai cominciato?
Per me è stato facile, ho iniziato da ragazzino. Mio padre faceva motocross e nei fine settimana andavo a pedalare in bici con lui. Un giorno mi ha portato a Finale Ligure a scuola da Bruno Zanchi che era stato campione del mondo. Da lui ho appreso la tecnica e in breve tempo sono entrato nel suo team.
È una questione di talento innato o di tecnica che si impara con un corso?
Dipende da entrambi i fattori. La tecnica basta per divertirsi senza farsi male. Poi il talento naturale ti aiuta ad arrivare al più alto livello nelle competizioni. È anche una questione di predisposizione mentale: se insegno la tecnica di discesa a un atleta che fa la Coppa del Mondo di sci o che partecipa al motomondiale, mi aspetto che scenda senza paura perché è abituato alla velocità. È una qualità che pochi hanno…
Ci sono anche ragazzine di 15 anni che pesano meno di 50 chili che si iscrivono alle gare juniores.
È vero. Sono poche ma ci sono. Le doti richieste dal downhill sono l’agilità e la capacità di portare la bici, e queste caratteristiche non hanno nulla a che vedere con il peso e i muscoli.
Ai Campionati del Mondo il più vecchio non arriva a 30 anni, mentre d’estate i Bike Park d’estate sono pieni di ultraquarantenni scatenati.
È tutta gente che da giovane faceva motocross o trial. Il downhill non è una disciplina solo ed esclusivamente per giovanissimi. È uno sport che puoi amare e praticare per tutta la vita, anche se non a livello agonistico. Io continuerò a praticarlo anche in età matura. Poi, certo, rompersi una gamba a 20 anni non è come rompersela a 50.
Hai tenuto il conto delle fratture in una decina di anni di carriera?
Sono relativamente fortunato, o forse abile, e il conto dal dottore è piuttosto basso rispetto a molti altri colleghi: ho rotto due volte radio e ulna, un legamento crociato anteriore del ginocchio, varie dita e in questo momento mi sto curando una frattura all’omero…
Hai mai praticato altre discipline della MTB?
Mi capita di allenarmi facendo Four Cross (si scende lungo la pista in contemporanea con altri quattro concorrenti, ndr) ed enduro (discese e salite in cui bisogna rimanere entro un limite massimo di tempo, ndr). Facevo enduro da ragazzino, sono stato anche campione italiano Junior ma il downhill per me è un’altra cosa.
Hai mai fatto vacanze in bici?
Un paio di volte: con i miei genitori in Canada e con la ma squadra in Francia. Sono assolutamente a favore delle bici elettriche e non sono d’accordo con quei fanatici che le denigrano: una mountain bike elettrica aiuta le persone che non sono in perfetta forma a fare salite che altrimenti sarebbero impossibili. Il futuro, secondo me, è l’enduro con le MTB elettriche.
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