Quanto può essere interessante conoscere il pensiero del Presidente del CAI per chi è amante della montagna? Lo possiamo fare insieme riprendendo l’intervista che ha rilasciato Antonio Montani dopo gli stati generali del turismo outdoor di Venezia che non si limita a parlare delle stazioni sciistiche più gettonate ma anche del bisogno di una normativa nazionale che definisca i sentieri e i rifugi ad alta quota. Ecco i passaggi chiave di queste dichiarazioni.
I fatti
Da dove nasce l’intervista del Presidente del CAI? Dal fatto che qualche settimana fa a Venezia lo scorso fine settimana gli “Stati generali del turismo outdoor”, una due giorni che ha visto la presenza di 60 tra istituzioni, imprese e associazioni. Al termine degli incontri, tra l’altro, la ministra del Turismo Daniela Santanché ha lanciato la proposta di un tavolo di confronto permanente per affrontare tutti gli aspetti del turismo outdoor. Un’occasione in cui il Presidente ha voluto ribadire l’importanza di avere l’istituzione di un osservatorio nazionale che dia modo di raccogliere in maniera scientifica e strutturata i dati, senza dimenticare discipline ormai protagoniste come:
- mountain bike
- arrampicata
- kite mountain surf
L’intervista
Ecco i passaggi chiave delle parole di Montani Presidente del CAI.
Presidente Montani, che cosa vi ha spinto a promuovere gli Stati generali?
“La constatazione che, a fronte di un aumento delle persone che scelgono il turismo outdoor, purtroppo non è ancora percepito da molti operatori come una leva che possa favorire una crescita economica. Il turismo lento, responsabile, intelligente può essere invece un’alternativa allo sviluppo della montagna.”Si punta invece su altro?
“Credo che bisogna riconoscere che il modello adottato dal Dopoguerra è arrivato al collasso. Perché ha portato da un lato allo spopolamento e dall’altro all’overtourism in pochissime località e in pochi periodi dell’anno. Accanto alle grandi stazioni turistiche iper-pubblicizzate, ci sono località altrettanto belle, se non più belle, che però si sono svuotate. Il turismo lento può riequilibrare il mondo della montagna.”C’è anche la necessità di guardare al nostro Paese nel suo complesso.
“Da quando mi occupo del Sentiero Italia (il percorso escursionistico di 8.000 km promosso dal Cai, ndr), ho imparato a considerare la montagna italiana non solo come le Alpi ma come anche tutta la dorsale appenninica. Nella nostra Penisola ci sono tantissimi posti dove si può fare turismo. Penso per esempio al nostro omologo, il Club alpino tedesco, che ha un milione e mezzo di soci, grandi camminatori che invadono le Alpi nel periodo estivo. Ecco, con le temperature che ci sono, potrebbero farlo anche nel periodo invernale nel sud Italia. So che il ministero del Turismo, grazie anche alle nostre sollecitazioni, sta puntando sempre di più a delocalizzare e a destagionalizzare.”Qual è il modello da seguire?
“Ci sono per esempio valli del Piemonte, come la val Varaita, che hanno deciso di non sfruttare i propri pendii innevati per fare impianti, ma di dedicarsi ad altro, allo scialpinismo, alle ciaspole, a un turismo diverso. Un approccio più leggero, diffuso, socializzante. Anche perché i grandi investimenti nelle località sciistiche hanno portato a una disgregazione sociale, a una contrapposizione di fatto tra chi beneficia direttamente di queste risorse e chi invece rimane ai margini.”Una posizione che non piacerà a tutti.
“Noi del Cai abbiamo un vantaggio enorme, quello di essere volontari, nessuno di noi viene retribuito. Questo ci mette nelle condizioni di poter parlare ai professionisti della montagna come un soggetto che non ha interessi economici ma ha a cuore il bene di questi contesti. La nostra ambizione è quella di essere un mediatore culturale.”Gli Stati generali sono nati anche per questo, per superare gelosie, contrasti, sospetti.
“Il motivo per cui li abbiamo organizzati è riuscire a fare rete. Perché se prevale il meccanismo di portarsi a casa la fetta più grossa, partiamo già con il piede sbagliato. Invece tutti insieme dobbiamo chiedere che arrivino dallo Stato i finanziamenti necessari, e poi fare in modo che i nostri progetti stiano in piedi autonomamente. Perché i soldi che arrivano dalla politica servono a dare la scintilla per partire, ma poi tutto deve essere mantenuto nel tempo.”Allo Stato cosa chiedete?
“Bisogna prendere coscienza che i sentieri sono un’infrastruttura necessaria per questo tipo di turismo. A chi spetterebbe la manutenzione? In teoria ai Comuni, ma sappiamo che non lo fanno non per mancanza di volontà ma di risorse. Fanno fatica ad asfaltare le strade, figuriamoci a tenere i sentieri. Il Cai, tanto per dare una cifra, mantiene 84 mila chilometri di percorsi, undici volte la lunghezza della rete autostradale. E lo facciamo tutti da volontari. Adesso non siamo qui a chiedere fondi, tuttavia se arrivassero sarebbero bene accetti perché li impiegheremo bene, ma vogliamo far capire che è assolutamente necessario un intervento pubblico sui sentieri. In più, vanno considerati un bene pubblico, non è indifferente se ci passa una moto da enduro perché finisce per distruggerli. Io non ho niente contro i motociclisti, ma credo che ci siano luoghi più idonei dove andare.”Chiedete anche leggi più restrittive.
“In Italia non c’è una normativa nazionale che definisca il sentiero. E così anche un rifugio, con il risultato che ci sono strutture che si definiscono tali e in cui si può arrivare in macchina, oppure che hanno standard qualitativi elevati, con saune e spa. Non lo dico per un sentimento di nostalgia verso un passato di frugalità ed essenzialità, ma perché un rifugio deve avere delle deroghe rispetto alle regole che ci sono in pianura, lavorare a 3.000 metri non è come farlo in piazza Duomo a Milano. Bisogna tirare una linea, che non è solo altimetrica, e stabilire cosa sta sopra e cosa sta sotto. Lo so che non è facile, anche noi dovremo tagliare fuori molti nostri rifugi. Siamo i primi a dire che ci saranno degli scontenti, però qualcosa va fatto se vogliamo davvero bene alla montagna. Se vogliamo davvero costruire un futuro in cui anche le prossime generazioni possano fruirla come abbiamo avuto la fortuna di farlo noi.”
Ora che quest’intervista del Presidente del CAI vi ha chiarito la situazione delle montagne italiane, tornate a godervele come pura passione. Sempre, però, stando attenti alla sicurezza.
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