Il tema dei nuovi montanari sta prendendo sempre più piede. Tecnicamente si tratta di italiani, giovani e meno giovani, ma soprattutto di tanti stranieri che in montagna hanno trovato casa e lavoro e che, a loro modo, stanno dando un contributo al mantenimento in vita di comunità e territori nelle Alpi e negli Appennini. Come? Vivendoci loro, si devono tenere aperte scuole, uffici postali, linee di autobus e altri servizi. Li conosciamo meglio riportando una bella intervista che tanto spiega sull’argomento.
Andrea Membretti è Senior Researcher presso Eurac (Bolzano) e Istituto per lo Sviluppo Regionale e insegna Sociologia del Territorio all’Università di Pavia. Ecco il suo pensiero sui nuovi montanari.
Qualche anno fa avete iniziato a studiare i “nuovi montanari”, cioè gli italiani che tornano in montagna, scoprendo che la popolazione che più sta contribuendo al ripopolamento di Alpi e Appennini sono in realtà gli immigrati.
Alla base delle nostre indagini c’è il tema dello spopolamento delle aree montane interne del nostro paese e al contempo l’interesse per come la presenza di nuove popolazioni sta creando delle occasioni di rivitalizzazione di questi territori e di queste comunità. Le popolazioni in questione sono costituite dai cosiddetti “montanari per scelta”, gli italiani, ma anche dai “montanari per necessità”, i migranti economici, che da un punto di vista numerico sono la quota maggioritaria. Considera che nel solo arco alpino italiano abbiamo quasi quattrocentomila residenti stranieri regolari. Infine c’è la presenza più recente dei richiedenti asilo, che abbiamo definito “montanari per forza”. A inizio 2017, sui circa 130.000 ospitati, il 40% era in aree montane, Alpi e soprattutto Appennini.
Partiamo dai “nuovi montanari”, chi sono?
Quelli che consideriamo i nuovi montanari sono persone che vanno in montagna per sviluppare un progetto di lavoro e di vita. Non sono pertanto dei commuter, dei pendolari sulle aree metropolitane, anche se mantengono un rapporto spesso intenso con la metropoli di origine, perché lì hanno reti relazionali, vendono i loro prodotti, fanno parte di circuiti di tipo culturale, di reti associative. Numericamente i nuovi montanari sono una componente ristretta anche se in crescita.
Che background hanno i nuovi montanari?
L’età e le condizioni di queste persone sono molto diverse; andiamo da un minimo di 19 anni a un massimo di 63-64 anni, quindi prepensionati. Anche i titoli di studio sono variegati. Sicuramente sono persone accomunate dal desiderio di avere un’esperienza di vita diversa rispetto a quella urbana, vuoi perché sono giovani che hanno studiato e vogliono un altro orizzonte rispetto a quello della fuga dei cervelli o di percorsi più canonici; vuoi perché sono persone meno giovani che sono state espulse dal mercato del lavoro o si sono autoespulse (c’è una componente abbastanza rilevante legata alla crisi economica); vuoi perché sono persone che iniziano ad avere una certa età, hanno qualche risorsa economica e vogliono provare a investirla pensando a un invecchiamento attivo, avviando un bed and breakfast nella baita di montagna o impegnandosi in qualche attività ricettiva. C’è anche chi è già in montagna e vuole riqualificare la propria attività, magari legandola all’economia sociale.
Qual è lo sviluppo economico dei nuovi montanari?
I nuovi montanari stanno sperimentando anche forme di innovazione socio-economica interessanti, su cui ci sarebbe da fare un grosso lavoro in termini di normativa. Purtroppo qui scontiamo un’assenza pressoché totale delle politiche. L’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani (Uncem) sta portando avanti delle ipotesi di lavoro, per esempio quella di defiscalizzare i negozi e gli esercizi di alta montagna, insomma, via via che sali di quota dovrebbe scendere la tassazione e dovrebbero salire invece gli incentivi. Al momento però tutto questo è più un’idea sulla carta.
Cosa fanno i montanari per necessità?
I montanari stranieri, i migranti economici, sono impiegati innanzitutto nel settore primario: agricoltura di montagna, taglio del bosco, estrazione della pietra… Tieni presente che la pastorizia transumante al 90% è straniera. Naturalmente lavorano come manovalanza perché la proprietà delle greggi resta in mano agli italiani. Si tratta di una popolazione finita in montagna con un effetto rimbalzo dalla città, alla ricerca di migliori condizioni lavorative e di vita. Queste sono persone che svolgono professioni che gli italiani non vogliono svolgere o banalmente è venuta meno la gente che faceva quei mestieri.
Anche grazie al lavoro incessante dei nuovi montanari presto ci riprenderemo la nostra passione e lo faremo con una crescente sicurezza. Come? Per merito del nostro nuovo tool della Ghost Track. Tecnicamente si tratta di una traccia che può essere utilizzata come esempio durante il tracciamento GPS.
L’importante è specificare che non è pensata per essere utilizzata come traccia di riferimento o traccia guida. Non è prudente seguirla alla cieca! Controllate, invece, voi stessi le condizioni e modificate la vostra track di conseguenza. Come provarla? Vi basterà scaricare gli aggiornamenti dell’app (da Google Play o da AppStore) o visitare il nostro sito web ufficiale.